Veglie anti-aborto, Casadei (M5S) e Trande (AVS): “Siano le Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie a valutare l’opportunità di tali manifestazioni”
REGIONE - Pubblichiamo il comunicato stampa di Lorenzo Casadei - Consigliere regionale M5S e Paolo Trande - Consigliere regionale AVS in merito alle manifestazioni antiabortiste nei pressi degli ospedali.
Domani è l’8 marzo ed è venuto il tempo di affrontare l’annosa questione che sta tra il diritto alla cura, il rispetto e la libertà di manifestare. Da diverso tempo, in diversi territori della regione Emilia-Romagna, gli spazi pubblici antistanti ospedali e strutture sanitarie vengono utilizzati per manifestazioni promosse da associazioni cosiddette "pro-life". Sebbene ufficialmente presentate come semplici momenti di preghiera, nella realtà si tratta di vere e proprie azioni politiche finalizzate a condizionare l’opinione pubblica e le scelte delle donne, con l’obiettivo di:
1) contestare e mettere in discussione la Legge 194, che ha sancito il diritto all’Interruzione Volontaria di Gravidanza in condizioni di sicurezza, garantendo la piena e libera autodeterminazione della donna;
2) esercitare pressioni psicologiche attraverso la presenza costante di gruppi che espongono cartelli colpevolizzanti e utilizzano retoriche stigmatizzanti, aumentando il disagio emotivo in un momento già delicato per le donne che si rivolgono alle strutture sanitarie;
3) creare un clima ostile e diffondere disinformazione sull’IVG farmacologica, che consente di evitare ospedalizzazioni e interventi chirurgici, promuovendo invece percorsi più rispettosi dell’autonomia della donna;
4) sfruttare la retorica della tutela della vita per avanzare richieste di ingresso nei consultori e negli ospedali da parte di associazioni anti-abortiste, con il rischio di compromettere la neutralità delle strutture sanitarie e influenzare le scelte delle pazienti;
5) alimentare ostacoli culturali e psicologici che potrebbero spingere un numero crescente di medici a optare per l’obiezione di coscienza, riducendo ulteriormente la disponibilità di personale sanitario non obiettore e rendendo sempre più difficile l’accesso a un diritto già fortemente limitato.
Queste pratiche costituiscono una forma di ingerenza inaccettabile nei percorsi di salute delle donne, trasformando luoghi di cura in spazi di giudizio morale e di condizionamento ideologico.
Siamo consapevoli che tali manifestazioni sfuggano alla competenza regolatoria della Regione e degli Enti Locali, rientrando interamente nelle prerogative del Ministero dell’Interno e delle Prefetture, che finora hanno concesso l’uso di spazi pubblici prossimi agli ospedali per iniziative di carattere politico mascherate da momenti di preghiera. Tuttavia, riteniamo inaccettabile che temi così delicati, legati alla salute psico-fisica delle donne e ai loro diritti fondamentali, possano essere oggetto di strumentalizzazione proprio nei pressi delle strutture sanitarie.
Assistiamo, inoltre, a una preoccupante complicità o, quantomeno, a un eccesso di tolleranza nei confronti di queste iniziative, un atteggiamento che stride con la stretta repressiva adottata dal governo in altri ambiti, come dimostrato dal DDL Sicurezza. Il sostegno, diretto o indiretto, da parte di partiti di governo nei confronti delle associazioni cosiddette "pro-vita" lascia presagire che queste pratiche di pressione psicologica sulle donne continueranno a essere tollerate, se non addirittura incoraggiate.
Per questo motivo, nei prossimi giorni presenteremo una risoluzione in Regione Emilia-Romagna per chiedere al Presidente Michele De Pascale e all’Assessore Fabi di dare mandato ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie coinvolte affinché sia affidata alle Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie, - i sindaci – e ai Comitati Consultivi Misti, – organismi in cui sono presenti anche le associazioni di cittadini – la valutazione sulla compatibilità di tali manifestazioni con la prossimità alle strutture sanitarie. In caso di valutazione di incompatibilità o di “discutibilità del luogo”, il parere dovrà essere trasmesso alle Prefetture territorialmente competenti, con la richiesta di spostare le manifestazioni in altra sede più consona, che non interferisca con il diritto delle donne a un accesso sereno e libero ai servizi sanitari.
Riteniamo che questa sia una misura minima e necessaria per tutelare il diritto alla salute e all’autodeterminazione delle donne, evitando che gli ospedali diventino teatri di pressioni ideologiche e strumentalizzazioni politiche.
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