Alleanza Verdi Sinistra sui Cau: “Serve una riforma della sanità per la territorializzazione”
MODENA - Pubblichiamo la nota di Paolo Trande, Consigliere Regionale Emilia-Romagna Alleanza Verdi e Sinistra, sui dati dei CAU modenesi.
I Centri Assistenza Urgenza (CAU) sono nati per alleggerire il carico degli accessi a bassa complessità (codici bianchi e verdi) nei Pronto Soccorso
Obiettivi principali: diminuire l'inappropriatezza, diminuire i tempi di attesa e alleggerire il carico di lavoro sugli operatori peraltro in numero sempre inferiore.
Dei 5 CAU presenti in provincia di Modena al momento abbiamo sono stati esposti i dati quantitativi dei CAU di Modena città e Carpi (CAU "ospedalieri"), non abbiamo ancora quelli di Castelfranco Emilia, Finale Emilia e Fanano, questi ultimi due importantissimi per la valutazione di "prossimità e territorialità" in aree montane e interne.
Dai dati, illustrati dall'Assesore Fabi in Commissione, possiamo affermare che c'è stato un effetto di riduzione: -6.5% a Modena città e -14.5% a Carpi.
Il dato di Modena città è molto sotto il dato medio regionale di riduzione (-13.7%) mentre quello di Carpi è sovrapponibile. Dai dati regionali e locali, però, pare esserci stato un effetto selettivo di riduzione dei codici a bassa complessità ma non un effetto di riduzione significativa degli accessi al sistema di emergenza-urgenza (PS+CAU), come se, effetto noto in campo di servizi sanitari, l'attivazione dei CAU abbia indotto "altra domanda". Questo ultimo effetto non sarebbe negativo se "pesca" nell'area delle rinunce a visite ed esami, in aumento, come documenta l'ISTAT, ma di questo non abbiamo certezza. Alla valutazione dell'effetto dei CAU modenesi sui PS mancano, quindi, alcuni elementi, essenziali per esprimere un giudizio:
- analisi qualitativa (tipologia di casistica, età media, tempi di attesa in CAU e PS etc) dei CAU di Carpi e Modena città
- analisi quali-quantitativa dei CAU posti nelle Case di Comunità "periferici" di Castelfranco Emilia, Fanano e Finale Emilia (ed effetti sui PS di Mirandola, Pavullo e Sassuolo)
- analisi dei costi (strutturali e di personale)
- esiti (ritorno a domicilio, accesso in PS, ricoveri)
- distribuzione settimanale (esiste una correlazione con apertura degli ambulatori dei medici di medicina generale?)
In assenza di questi elementi esprimere giudizi definitivi appare prematuro. Quello che è certo, invece, è che accanto agli obiettivi generali di alleviare il carico e aumentare l'appropriatezza di accessi in PS ci devono essere gli obiettivi di "territorializzazione" di risposta alla bassa complessità e i luoghi deputati, pensati dal DM77, sono le Case di Comunità (CdC) con il pieno coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale, sin qui ai margini di questo esperimento emiliano-romagnolo. L'occasione per "allontanare dagli ospedali la casistica clinica lieve", dare un risposta appropriata (quando serve, come serve e alla luce delle migliori evidenze possibili) è il confronto avviato tra Regione e Medici di Medicina Generale sulle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e CdC. Probabilmente, rispetto agli obiettivi, non esiste un modello unico per l'emergenza-urgenza per tutti i territori (città, pianura e montagna) ma esiste la necessità di affiancare alla manovra di bilancio regionale, che "salva la sanità pubblica" de-finanziata dai governi degli ultimi 14 anni, una profonda riforma organizzativa del Servizio Sanitario Regionale, partendo dall'idea che i punti critici prospettici (guardando alla demografia e dell'epidemiologia della cronicità) su cui si gioca la sfida vera sono non tanto gli ospedali ma la medicina del territorio e la domiciliarità.
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