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01 Luglio 2025
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Fine vita, primo caso di suicidio assistito in Lombardia

(Adnkronos) - Primo caso di suicidio assistito in Lombardia, il sesto in Italia. Si chiamava Serena - il nome è di fantasia per tutelarne la privacy - la donna di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, morta nelle scorse settimane in casa sua in Lombardia a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale insieme alla strumentazione necessaria. A causa della malattia, Serena era paralizzata e costretta a una condizione di totale dipendenza e necessità di assistenza continuativa. Prima di andarsene, ha lasciato un messaggio. "La mia breve vita - ha scritto - è stata intensa e felice, l'ho amata all'infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l'amassi. L'ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità. Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l'anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita. Questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera". A 9 mesi dalla sua richiesta, Serena è stata la sesta persona in Italia, la quinta seguita dall'Associazione Luca Coscioni, ad avere completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019 sul caso Cappato/Antoniani, con l'assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale che ha fornito il farmaco e ogni strumentazione necessaria. La richiesta di verifica delle sue condizioni era stata inviata a inizio maggio 2024. L'azienda sanitaria a fine luglio 2024, dopo l'acquisizione del parere del comitato etico, aveva comunicato alla donna il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte con la sentenza Cappato. A novembre l'azienda sanitaria l'ha informata che non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l'autosomministrazione, dal momento che doveva essere il suo medico di fiducia a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodica per la sua autosomministrazione. Assistita dall'avvocata Filomena Gallo con un collegio legale, Serena ha quindi fatto pervenire all'azienda sanitaria la relazione medica con indicazione del farmaco, della quantità e della modalità di autosomministrazione a firma del dottor Mario Riccio, il suo medico di fiducia. E dopo un sollecito in assenza di riscontro, a dicembre la commissione di esperti, e poi il comitato etico, le hanno confermato l'idoneità, così l'azienda sanitaria ha potuto confermare la fornitura del farmaco.  L'azienda tuttavia non ha comunicato la disponibilità di medici che, su base volontaria, l'avrebbero assistita nella procedura di autosomministrazione e quindi la donna è stata seguita da Riccio, medico anestesista, consigliere generale dell'Associazione Coscioni, che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e poi alcuni pazienti che fino a oggi hanno avuto accesso al suicidio medicalmente assistito. Dopo avere indicato la data in cui intendeva procedere, è stata quindi richiesta all'azienda sanitaria la fornitura del farmaco approvato dalla commissione aziendale da consegnare al dottor Riccio che, contattato dall'azienda sanitaria, ha potuto ritirare tutto la mattina del giorno individuato e restituire successivamente strumentazione e materiali da smaltire. Serena ha così potuto procedere con l'autosomministrazione del farmaco letale nel mese di gennaio 2025, nella propria abitazione, assistita dal dottor Riccio e circondata dai suoi cari. "La Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria a 'Serena' perché era suo dovere farlo. Si conferma così nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia. Per questo chiediamo al presidente Attilio Fontana di tornare sulla materia, riesaminando il contenuto della nostra legge e emanare un atto di Giunta, come preannunciato dal presidente Zaia in Veneto", dichiarano Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretaria nazionale e tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, commentando il primo caso di suicidio assistito in Lombardia. "Se fosse stata in vigore la nostra legge di iniziativa popolare 'Liberi subito' - aggiungono i due esponenti dell'associazione Luca Coscioni - Serena avrebbe potuto seguire una procedura chiara e definita invece di dover affrontare, insieme al personale sanitario, una corsa a ostacoli durata 9 mesi".  "Sul fine vita serve una legge nazionale", ha detto chiaramente il governatore del Veneto Luca Zaia, in un'intervista a La Repubblica. Non si può "nascondere la testa sotto la sabbia. Fare finta che il fine vita non ci sia". A sostegno del ragionamento del presidente del Veneto i sondaggi, secondo cui gli italiani sono largamente favorevoli: "La politica non dovrebbe tenerne conto? Sui temi etici non deve prevalere la casacca politica. Vedo in giro un dibattito che non capisco. Un grande festival dell’ipocrisia…". ---salute/sanitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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