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30 Giugno 2025
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Uccise la moglie e la figlia di lei, evita l’ergastolo perché per i giudici: ‘I motivi sono umanamente comprensibili’

Trent'anni e non l'ergastolo chiesto dalla Procura in un caso di doppio femminicidio, anche in ragione "della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato". 

Lo scrive la Corte di assise di Modena nel motivare perché considera le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti per Salvatore Montefusco, imputato per aver ucciso moglie e figlia di lei il 13 giugno 2022: "Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate", si legge nella sentenza visionata dall'ANSA.

   Montefusco assassinò a fucilate la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne, a Cavazzona di Castelfranco Emilia.

   La Procura di Modena aveva chiesto l'ergastolo, ma i giudici (presidente estensore Ester Russo) il 9 ottobre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di coniugio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia), escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l'aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell'omicidio.

   La sentenza spiega in oltre 200 pagine come il delitto sia avvenuto in un contesto di forte conflitto tra Montefusco e le due donne, con presentazione di denunce reciproche. Secondo i giudici il movente "non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico" sulla casa dove vivevano. Ma è piuttosto da riferirsi "alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall'imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell'ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l'abitazione familiare" e con essa anche controllo e cura del figlio.

   Per i giudici è "plausibile" che, come riferito da Montefusco, quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa questo "abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l'arma" a pochi metri di distanza e uccidere le due che "mai e poi mai" secondo quanto affermato dai testimoni sentiti in aula, aveva prima d'allora minacciato di morte.

   La concessione delle generiche considera la confessione, la sostanziale incensuratezza, il corretto contegno processuale e la "situazione che si era creata nell'ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto". Nel giudicare l'equivalenza tra attenuanti e aggravanti non si può non tenere conto, per la Corte, "di tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate" se pure non hanno integrato l'attenuante della provocazione "hanno senz'altro determinato l'abnorme e tuttavia causale reazione dell'imputato".

   La reazione dei familiari delle vittime. "La giovanissima vittima, Renata Trandafir, voleva fare l'avvocato per acquisire gli strumenti con cui difendersi dalle quotidiane violenze a cui lei e sua madre erano sottoposte. Oggi le è stata risparmiata l'esperienza di comprendere il perché uno spietato assassino di due donne inermi possa essere destinatario di tanta benevolenza. Circostanze attenuanti generiche che spazzano via qualunque circostanza aggravante per... umana comprensione. Navighiamo tutti in un mare di forte incredulità". Così l'avvocata Barbara Iannuccelli, che assiste i familiari delle vittime, commenta la motivazione della condanna a Salvatore Montefusco.

Gabriela Trandafir (a destra) con la figlia Renata

Roccella: 'Nella sentenza di Modena ci sono elementi preoccupanti'

"Leggeremo ovviamente il testo integrale della sentenza, ma se ciò che emerge dagli stralci pubblicati oggi venisse confermato, il pronunciamento della Corte d'Assise di Modena nei confronti dell'uomo responsabile dell'uccisione della moglie e della di lei figlia conterrebbe elementi assai discutibili e certamente preoccupanti che, ove consolidati, rischierebbero non solo di produrre un arretramento nell'annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne, ma anche di aprire un vulnus nelle fondamenta che reggono il nostro ordinamento". Lo afferma la ministra per la famiglia Eugenia Roccella. 

   "Il problema - prosegue la ministra - non è la comminazione della pena, non è la sua entità, non sono le valutazioni processuali proprie dell'esercizio della giurisdizione. Ciò che colpisce è il ragionamento a monte che sembrerebbe aver orientato la Corte, per la quale, a quanto si legge, 'la situazione che si era creata nell'ambiente familiare' avrebbe 'indotto' l'imputato 'a compiere il tragico gesto', con la conseguenza di una 'comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato'".

   "Non credo sfugga a nessuno - sottolinea - la pericolosità di ragionamenti di questo tipo, fondati su un nesso causale in grado di 'indurre' per motivi 'umanamente comprensibili' una duplice uccisione".

   "Se si affermasse un principio di questo tipo - conclude Roccella -, lo sforzo di promozione di quel cambiamento culturale che tutti vogliamo non compirebbe certo un passo avanti ma ne farebbe molti indietro". 

Valente (Pd): "Una sentenza da manuale del patriarcato"

"Premesso che come sempre sarà necessario leggere l'atto, ma se quanto riportano gli organi di stampa fosse confermato, quello che emergerebbe come messaggio dalla sentenza con cui la Corte di assise di Modena ha condannato a 30 anni e non all'ergastolo Salvatore Montefusco, reo del duplice femminicidio della moglie e della figlia di lei, è che saremmo di fronte a un provvedimento da 'manuale del patriarcato'. Dalla narrazione dei media sembrerebbe infatti che i giudici non abbiano riconosciuto la specificità della violenza contro le due donne e dunque il duplice femminicidio. Il problema non è tanto la pena applicata, ma la motivazione con cui si arriva a quella pena, motivazione che appare grave. Speriamo davvero di essere smentiti dalla lettura della sentenza che attendiamo con apprensione". Lo dice la senatrice del Pd Valeria Valente della Bicamerale Femminicidio.

"Due le gravi questioni di merito - prosegue Valente - La prima riguarda l'attitudine di confondere la violenza contro le due donne e di derubricarla a conflitto familiare: come Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio abbiamo rilevato che è una prassi diffusa. In questo caso è come dire che Gabriela Trandafir, la moglie vittima di femminicidio, chiedendo al marito di andarsene di casa abbia in qualche modo provocato la reazione violenta di lui. Tanto è vero che si parla di 'black out emotivo' di lui, mentre non sono stati considerati i precedenti maltrattamenti. E' questa la 'lente del patriarcato', il pregiudizio con cui alla fine si giustifica la violenza maschile. E' per questo, e arriviamo alla seconda questione, che in caso di femminicidio chiediamo da sempre, al netto delle ultime sentenze della Corte costituzionale, di introdurre il divieto di bilanciamento tra attenuanti e aggravanti, divieto che peraltro la destra sta inserendo nel ddl sicurezza per la resistenza a pubblico ufficiale. Non ci stancheremo mai di ripetere che per riconoscere la violenza contro le donne e leggerla in modo giusto, andando oltre stereotipi e pregiudizi, occorre formazione specifica per tutti gli operatori della giustizia".

Malavasi: 'Sconcertano le motivazioni dei giudici di Modena'

 "Mi domando con quale coraggio i giudici considerino "motivi umanamente comprensibili" -tali da evitargli l'ergastolo- quelli che hanno spinto un uomo ad uccidere la moglie e la figlia nel giugno del 2022. Le motivazioni della Corte d'assise di Modena sono un insulto alle donne e un pericoloso precedente nel contrasto alla violenza di genere. Parliamo di una madre e una figlia sottoposte quotidianamente ad angherie e violenza: come è possibile che uno spietato assassino possa essere giustificato in questo modo? Come è possibile che circostanze attenuanti generiche distruggano qualunque circostanza aggravante? Francamente sono sconcertata. Poi ci domandiamo perché in questo Paese si commettano tanti reati di femminicidio: questo è il brodo di coltura dove si nutre la cultura patriarcale che tutto giustifica. Si tratta di un pronunciamento gravissimo". Così Ilenia Malavasi, deputata del Pd. 

Zanella (AVS): 'Indignate per la sentenza di Modena'

 "Apprendiamo che la Corte di assise di Modena non ha accolto la richiesta dell'ergastolo della Procura nel caso del doppio femminicidio commesso da Salvatore Montefusco sulla base 'della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato'. Non capiamo cosa ci sia da comprendere nell'inarrestabile strage di donne commessa dalla violenza maschile, se non che c'è molto lavoro da fare per abbattere i sedimenti di una cultura patriarcale che emerge anche là dove non ti aspetti e da parte di chi ha strumenti e poteri per contrare questo orribile fenomeno". Lo afferma la capogruppo di AVS alla Camera Luana Zanella. 

Marcella Zappaterra (Donne Democratiche Emilia-Romagna): “Pericolosa arretratezza culturale”

Da ciò che emerge e si apprende dalle cronache, se uccidi a fucilate tua moglie e la figlia di lei, appena 22enne, potresti essere al riparo da una sentenza di ergastolo perché il giudice riconosce una "comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato".

 

Questa sentenza ci preoccupa e, per certi versi se fosse confermato l’impianto motivazionale, ci fa rabbrividire. Il giudice riconosce, infatti, nel doppio femminicidio commesso ai danni di Gabriela Trandafir e sua figlia Renata da parte di Salvatore Montefusco nel giugno del 2022, umana comprensione per l’uomo che viva in una situazione famigliare conflittuale.

 

Ciò che si percepisce dietro la sentenza della Corte d'Assise di Modena trasuda di una pericolosa arretratezza culturale di stampo patriarcale. Non possiamo, infatti,  evitare di leggere nella motivazione della sentenza che a un assassino frustrato che perda il controllo, sia riconosciuta una attenuante per aver spezzato la vita di due donne nella propria casa.

 

Ancora una volta, quello che dovrebbe essere il posto più sicuro per ognuna e ognuno, la casa e il contesto familiare, sono teatro di violenze feroci che una sentenza definisce "comprensibili". Come Donne Democratiche rifiutiamo ogni giustificazione per i femminicidi e la violenza contro le donne. La condanna di Montefusco a 30 anni e non alla massima pena ma soprattutto le motivazioni che sembrano stare dietro a questa decisione aprono a una riflessione profonda rispetto alla cultura della prevaricazione e della violenza di genere che noi condanniamo senza alcuno sconto. Sono le parole di Marcella Zappaterra, portavoce Donne Democratiche Emilia-Romagna

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