La Rete Pro-Choice Modena contro le iniziative per “le vittime dell’aborto”
MODENA - Fiori e lumini davanti al Policlinico per gli aborti effettuati nell’ultimo anno presso la struttura, la principale del nostro distretto preposta ad erogare servizi sanitari, tra cui quello dell’interruzione volontaria di gravidanza.
Questo è il gesto promosso per sabato 28 dicembre dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, che da anni indice la sua “giornata in memoria delle vittime di aborto”, e quest’anno sarà sostenuta dal movimento “40 Giorni per la Vita di Modena” (cellula del gruppo contro l'aborto nato in Texas), i cui presidi di preghiera abbiamo imparato, purtroppo, a conoscere
nell’ultimo anno.
“L’aborto viene costantemente osteggiato e condannato da gruppi religiosi con motivazioni ideologiche, spesso imprecise e anti-scientifiche, pertanto pericolose per la salute delle
persone”, sottolinea la rete Pro-Choice Modena - nata per unire tutte le realtà pro-scelta del territorio e agire insieme per proteggere l’accesso all’aborto libero, sicuro e garantito a Modena e provincia -.
Sembra non essere più sufficiente alla preghiera lo spazio della cappella interna all'ospedale, oltre alle 261 parrocchie comprese tra le diocesi di Modena-Nonantola e Carpi; la sera del 28 dicembre, i due gruppi religiosi si raduneranno anche all'esterno, appositamente davanti all'ingresso principale del Policlinico, per accendere un lumino per ogni interruzione di gravidanza che l'ospedale ha praticato nel corso dell'anno passato (595).
Un rito “che è tutto loro” - sottolinea la rete Pro-choice, contraria a queste pratiche: “il sedicente movimento “per la vita” interpreta unilateralmente, così, il sentire di ogni persona che ha abortito, annullandone coscienza e personalità o, meglio, appropriandosene in nome del significato esistenziale dato ideologicamente al prodotto di una pratica sanitaria, che prevarica così su chi è realmente soggetto di diritto costituito, secondo la nostra legge: la persona gestante, che è persona fisica, viva e con un futuro, dotata di personalità giuridica e pertanto di diritti umani inviolabili, tra cui il necessario rispetto della dignità, ripetuto per ben quattro volte anche nella stessa Legge 194/1978”.
L'interruzione volontaria di gravidanza non può essere un'opinione o un tema ideologico di discussione: essa è una pratica di salute garantita da una legge dello Stato, dalle linee guida
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, del Ministero della Salute e dalla Regione Emilia Romagna, e non può essere contrastata; non dovrebbe neppure entrare nel dibattito pubblico (come se si potesse avere un'opinione ideologica riguardo una pratica sanitaria). “Purtroppo sappiamo benissimo quante donne morivano per aborto clandestino prima dell’entrata in vigore della legge 194; ma di obiezione di coscienza si continua a morire ancora oggi, come dimostra il drammatico caso di Valentina Milluzzo, morta nell’ospedale di Catania di setticemia dopo 17 giorni di ricovero in gravi condizioni perché i medici obiettori dell’ospedale si rifiutarono di praticarle l’aborto.
Ci teniamo a ricordare questo caso perché, dopo la condanna in primo grado, i quattro medici coinvolti sono stati assolti in giudizio, con sentenza di qualche settimana fa”.
E la disinformazione sanitaria non è da meno quanto a pericolosità: nel sito web di una di queste associazioni si cita addirittura “l'aborto salino” tra i metodi per abortire, "ottenuto iniettando una soluzione salina caustica all’interno dell’utero della gestante" - pratica assolutamente pericolosa e non riconosciuta dal Ministero della Salute.
Nel 1978, con la legge 194 l'aborto ha cessato di essere reato ed è finalmente assurto a pratica sanitaria da garantire sempre, anche se per la Chiesa ha continuato a essere peccato. “Il Policlinico, però, non è un luogo dove si cura l'anima e si rimettono i peccati, bensì dove si cura la salute psicofisica delle persone; pertanto il suffragio alle supposte anime martiri (anche qui, sarebbe da approfondire l'ortodossia di tale pratica rituale che "accende" non poche perplessità) andrebbe tenuto lontano dal presidio sanitario cittadino per eccellenza, sacrosanto, sì, ma nella sua incontrovertibile laicità”, conclude la rete Pro-choice Modena, che sollecita le istituzioni cittadine, l’Azienda ospedaliera, la Questura a lavorare insieme per instaurare delle “zone cuscinetto” (cfr “buffer zones”) intorno ai presidi sanitari, dove non sia possibile esercitare alcun tipo di ostracismo e stigma nei confronti delle pratiche sanitarie autorizzate dalla legge".
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