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12 Maggio 2025
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Chiude l’ultima bottega a Disvetro, la frazione resta senza alimentari

Chiude il negozio di alimentari a Disvetro, lunedì 16 dicembre è l'ultimo giorno di apertura per la rivendita dei fratelli Muracchini, Paolo e Floriano, che era operativa dal 1960, fondata dai genitori, Marino e Francesca che aprirono il Forno Muracchini e la rivendita di alimentari. 
Si tratta dell'ultimo negozio operativo nella piccola frazione di Cavezzo, che quindi rimane sguarnita dei servizi essenziali, mentre Paolo e Floriano continueranno a fare il pane per supermercati e negozi qualche chilometro più in là e al bar pasticceria Stop 6 Go a Cavezzo centro. 

“I nostri genitori, Marino e Francesca, hanno aperto il negozio nel 1960 dove siamo sempre stati fino ad oggi”, dicono i Muracchini, "E noi abbiamo sempre aiutato a fare il pane che portavamo a casa delle famiglie qui intorno. Noi, ma soprattutto Paolo, durante il terremoto eravamo stati autorizzati a portare, con il furgone, il pane e le merende, tra cui il nostro famoso “gnocchino tondo” molto apprezzato dai ragazzi delle scuole di Cavezzo. Che momenti! Oggi, chiudiamo il negozio alimentare, ma si continua con il lavoro di fornaio”.

La scelta dei Muracchini per Disvetro dipende dalla domanda che c'è sul territorio, sempre più bassa per il cambio di abitudini e l'invecchiamento della popolazione: ormai la spesa si fa altrove, i supermercati la consegnano pure a domicilio. Ma la chiusura ha risvegliato il senso di Disvetro per la socialità: infatti tanti residenti hanno portato i loro saluti ai fornai e dalla parrocchia è stato organizzato uno striscione di addio che è stato appeso davanti al negozio: "Grazie Paolo per tutte le volte che sei stato vicino alla comunità di Disvetro".

Fa osservare il consigliere comunale di opposizione Antonio Turco:

"Chiude l’ultima bottega di Disvetro, frazione di Cavezzo.
E’ emergenza commercio nelle piccole frazioni.
Le imprese non riescono a sopravvivere, con costi di gestione sempre più alti. Ma con le imprese scompaiono anche le relazioni sociali, economiche e culturali del territorio e aumenta il disagio per chi continua a viverci. O facciamo qualcosa o non ci sarà possibilità di sviluppo in certi luoghi.
Fare la spesa oggi è diventato un problema sociale in alcune piccole frazioni come Disvetro, 300 abitanti raccolti tra un piccolo agglomerato di case e poi sparsi nelle campagne circostanti.
Una frazione, parafrasando la nota canzone di Guccini, “Tra Via Concordia e il West”.
(...)
I piccoli centri si sono spopolati e le imprese in queste condizioni non riescono a sopravvivere. In particolare non riescono a sopravvivere le botteghe alimentari, che pure sono quelle più essenziali per una piccola comunità. Quando chiude un negozio scompaiono anche le relazioni sociali, economiche e culturali delle quali era il fulcro.
Certi luoghi perdono irrimediabilmente appeal per tutti: nuovi residenti, nuove attività economiche, e aumenta il disagio di chi continua a viverci, per lo più persone anziane che si ritrovano senza neppure i servizi essenziali.
La vicenda di Disvetro ci dice che anche nel modenese l’immagine del paesello con chiesa, scuola, ufficio postale, bar e negozi rischia di diventare una cartolina scolorita dal tempo. Eppure è da paesi e frazioni così che proviene il nostro Dna, quel genio creativo e quel saper fare che oggi rendono grande il brand Modena nel mondo.
Le amministrazioni comunali e la politica sono chiamate a riflettere sulle conseguenze di questa tendenza e soprattutto ad intervenire subito: o ci rassegniamo ad avere delle frazioni “fantasma”, ridotte a dormitori senza servizi, oppure salviamo la permanenza di servizi e imprese con varie misure, dagli incentivi agli sgravi fiscali, passando anche per nuovi investimenti nelle infrastrutture.
Non tutto è perduto, basta non continuare a stare alla finestra a guardare. Nella recente campagna elettorale comunale avevamo denunciato il “disagio insediativo” crescente nelle nostre frazioni. Per Disvetro avevamo proposte precise sulla destinazione delle ex Scuole elementari ormai completamente restaurate, dove vi avremmo insediato alcuni uffici dell’Unione dei Comuni, anziché mandarli via da Cavezzo presso altri comuni del comprensorio. E poi locali per altre attività sociali e di servizio.
Ormai è sempre più chiaro come non sia più una questione solo economica, che riguarda gli imprenditori e le associazioni di categoria, ma una questione sociale che riguarda tutti"
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