Finale Emilia, discarica: la cronaca del consiglio comunale aperto
“Posso anche capire la necessità di fare campagna elettorale in ogni situazione – esordisce il sindaco di Finale Emilia, Claudio Poletti – ma l’atteggiamento arrogante e irrispettoso della destra finalese è inaccettabile. Nei suoi cinque anni di governo del Comune, come testimoniano i fatti, si è dimostrata inconcludente, inaffidabile e incapace e non può permettersi di impartire lezioni a nessuno”.
È un Poletti contrariato quello che commenta la seduta del consiglio comunale aperta agli interventi del pubblico, svoltasi martedì 15 ottobre, nel corso della quale sono intervenuti anche i consulenti dell’amministrazione comunale, il chimico Roberto Chiono e gli avvocati Matteo Ceruti per i procedimenti amministrativi e Livio Veronesi per il processo penale in corso presso il Tribunale di Modena.
“Chi ci ha preceduto nell’amministrazione della città – aggiunge il sindaco – si permette oggi di blaterare ma è fortemente responsabile della situazione in cui ci troviamo. Non c’è nessun atto della loro amministrazione che vada decisamente contro l’ampliamento della discarica, a cominciare dal fatto che non hanno minimamente considerato gli sforamenti registrati in quegli anni, per finire con l’inutile opposizione all’elettrodotto interrato per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Per non dire poi dell’errore più grande: l’aver sbagliato i tempi di presentazione di un ricorso al TAR che probabilmente avrebbe permesso di anticipare di cinque anni ciò che stiamo facendo noi oggi. Senza dimenticare che gli argomenti, sacrosanti e condivisi dal Consiglio Comunale dell’epoca, di quel ricorso noi non li abbiamo potuti riproporre perché resi vani dal loro errore amministrativo”.
Nel corso del Consiglio Comunale di martedì, prima del dibattito - che ha visto gli interventi dei consiglieri Paolo Saletti di Fratelli d’Italia, Olao Guerra di Orizzonti Finalesi, Lisa Poletti di Progetto Democratico ed è stato concluso dal sindaco Claudio Poletti – i consulenti dell’amministrazione hanno fatto il punto sulle iniziative intraprese.
Roberto Chiono ha illustrato le relazioni che ha redatto e sta redigendo a supporto dei procedimenti amministrativi e penale, evidenziando gli aspetti relativi ai ripetuti superamenti dei valori di fondo delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) e alle fuoriuscite di percolato avvenute.
Matteo Ceruti ha spiegato i due ricorsi presentati al Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna, che saranno discussi il prossimo 4 dicembre. Ricorsi al TAR che riguardano, il primo, l’annullamento della determinazione dirigenziale Arpae numero 2553 del 18 maggio 2023 che assume come valori di fondo naturali quelli degli sforamenti riscontrati per alcuni metalli e, il secondo, l’annullamento della determinazione Arpae che ratifica l’approvazione dell’analisi di rischio sito specifica.
Livio Veronesi ha aggiornato sulla situazione del processo penale, che con l’udienza del prossimo 22 ottobre dovrebbe entrare finalmente nel vivo, delineando i capi di imputazione contestati ai funzionari di Feronia e di Arpae, per i quali l’amministrazione comunale si è costituita parte civile. Veronesi ha ricordato.
Nel corso del Consiglio Comunale aperto si è registrato un unico intervento da parte del pubblico. A parlare è stato Carlo Valmori di Assemblea Popolare che ha evidenziato come nel 2015 Feronia avesse eseguito un’analisi di rischio sito specifica che forniva risultati completamente diversi dall’ultima, oggetto del secondo ricorso al TAR da parte dell’amministrazione, certificando una situazione ambientale pericolosa per la salute umana.
Infine, rispondendo a una domanda specifica della consigliera Lisa Poletti, l’avvocato Ceruti ha spiegato i problemi che potrebbero essere conseguenti a un’ordinanza sindacale di chiusura dell’attività. “Lo strumento dell’ordinanza sindacale in materia ambientale esiste – ha detto Ceruti – ma per reggere alla quasi certa immediata richiesta di sospensiva da parte dei giudici amministrativi deve essere preceduta da un’attenta istruttoria che documenti l’effettivo profilo di emergenza sanitaria, istruttoria che può essere svolta solo dall’autorità sanitaria competente. Inoltre si corre il rischio di una responsabilità patrimoniale che potrebbe essere fatta valere nei confronti dell’amministrazione comunale, con costi determinati sulla base dei mancati ricavi conseguenti ai giorni di chiusura dell’impianto”.
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