Il coraggio di mollare tutto: Elisa Tirabassi ci racconta la sua esperienza in Cina
E’ cresciuta nella campagna carpigiana la trentaquattrenne e nonostante l’attaccamento a quei posti li sentiva un po’ stretti. Complice il desiderio di avere nuovi stimoli professionali, nel 2016 sceglie di trasferirsi in Cina, a Pechino.
Da dove è nato il tuo interesse per la Cina?
“Dopo anni ad occuparmi di informazione locale ho sentito il bisogno di esplorare nuovi orizzonti. Mi sono chiesta: dove sarà il futuro del mondo? Facevo la giornalista già da diversi anni ma col tempo ho iniziato a sognare di diventare corrispondente. Fra le opzioni vi era la Cina, un paese che non conoscevo, che mi incuriosiva molto e al quale mi sono avvicinata piano piano. Ho iniziato a leggere libri, a prendere qualche lezione di cinese per iniziare a familiarizzare con la lingua e tentare di entrare gradualmente nell'universo cinese”
Di cosa ti occupavi li?
“Ero giornalista corrispondente da Pechino per un'agenzia di stampa nazionale Italiana. Agli inizi ho insegnato italiano a ragazzi e adulti e successivamente inglese a bambini dai 4 ai 12 anni”
Ti sei mai sentita veramente a casa?
“No. Pechino e la Cina in generale mi sono familiari, ho nutrito un grande affetto per le persone incontrate e i luoghi; ma un senso di appartenenza non l'ho mai realmente sentito. Non ho mai rinnegato né screditato il mio essere italiana: questo è ciò che sono e che mi identifica nel DNA, nel bene e nel male. La decisione di lasciare il proprio paese ha dietro molteplici fattori, non per forza quello di cercare un posto migliore: credo che il luogo ideale, il paese perfetto, non esista da nessuna parte”
Com’era la tua vita sociale?
“Durante il corso di cinese in un campus universitario ho conosciuto molte persone da ogni parte del mondo. Tanti italiani e persone di altri paesi: Messico, Albania, Tunisia, Regno Unito, Spagna, Corea del Sud, Turchia, paesi dell'Asia Centrale, Indonesia. La mia vita sociale non era diversa da quella che facevo in Italia, semplicemente aveva un respiro più "internazionale"
Cosa è successo dentro di te ad inizio pandemia?
“Ho provato un forte senso di paura. Le notizie arrivavano confuse anche a noi giornalisti: non era ben chiaro che cosa stesse succedendo e la sua portata. Col passare dei giorni la situazione è peggiorata drasticamente fino al lockdown della città di Wuhan. Così ho pensato di rientrare in Italia per un periodo”
Com’è andata?
“Lavoravo per una azienda italiana quindi le logiche non erano cinesi. La mia esperienza in Cina non ha fatto altro che evidenziare ulteriormente le forti lacune del mondo del lavoro e della sua gestione italiana. Non è stato il Covid a bloccare il mio ritorno a Pechino ma le logiche assurde del mondo del lavoro italiano. Avevo richiesto più "garanzie" per tornare: un contratto di lavoro che non avevo, seppur lavorassi praticamente in esclusiva, uno stipendio più equo commisurato al costo della vita e una assicurazione sanitaria efficace. La risposta è stata il licenziamento e la fine della collaborazione. Ho realizzato che il Covid è stato un problema gravissimo ma che al di fuori della pandemia restano problematiche altrettanto gravi e urgenti da risolvere”
Oggi Elisa è pronta a ricominciare da capo. Forse all’estero, magari in un nuovo settore. Perchè i progetti non bisogna mai smettere né di farli né di realizzarli, giusto?
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