Le memorie di Adelia Casari: la staffetta partigiana di Medolla
MEDOLLA - Secondo l'Anpi (l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) furono 70mila le donne che militarono valorosamente nei Gruppi di Difesa contro il nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale: quasi mille persero la vita e più di settemila vennero deportate o arrestate in patria. Di queste, soltanto 19 ottennero la medaglia d'oro al valore. Delle altre - salvo alcune eccezioni - si è parlato poco nono
stante, finita la Guerra, abbiano dedicato la loro esistenza all'impegno politico e alla difesa della memoria.
Adelia Casari è stata una di quelle donne: nata a Medolla il 1 giugno del 1919 (e scomparsa nel 2013), la Casari è stata - dal 1 luglio 1944 fino al giorno della Liberazione- una coraggiosa staffetta militare della 36a Brigata Bolero Garibaldi. Coraggio e determinazione li ha mantenuti anche quando, nel dopoguerra, ha consacrato la sua vita all'impegno politico e sociale: portando la Resistenza nelle scuole e collaborando all'ideazione e alla costruzione (con l'architetto Letizia Gelli) del Monumento alle Partigiane cadute nella provincia di Bologna, edificato a Villa Spada nel 1975 in onore del trentesimo anniversario della Liberazione.
La Casari, nome di battaglia Emma e Nigrèn, nasce a Medolla in una famiglia antifascista di coloni mezzadri, la sua casa verrà trasformata in base partigiana e per Emma, all'epoca venticinquenne, unirsi alla Resistenza partigiana e difendere con la vita quei valori civili fondamentali, sembrò inevitabile.
"Nascondevo le munizioni tra le patate, nel cestino della mia bicicletta", racconta la Casari in una delle rare interviste in circolazione, "Quanta neve ci fu quell'inverno del '44, bisognava fare attenzione o si rischiava di cadere ed essere fucilate". Nessuna versione eroica della Resistenza ma il "semplice" resoconto di una scelta compiuta quando era soltanto una ragazza e che oggi si rinnova nella memoria e nel ricordo storico.
Particolarmente attiva nell'Anpi di Bologna e appassionata di arte e fotografia, Adelia Casari è stata una delle poche partigiane a mettere nero su bianco le sue memorie: per il suo ottantesimo compleanno scrive infatti il libro "Nigrèn, storia di una donna".
L'autobiografia, insieme a un gran numero di quaderni, poesie, mappe, fotografie e giornali, fa parte del "Fondo Adelia Casari", donato dalla stessa Adelia all'Istituto Parri di Bologna e ancora oggi consultato da scuole di qualsiasi ordine e grado.
Durante la lotta al nazifascismo, alle donne erano riservate soprattutto funzioni d'appoggio. Per le donne fu una doppia battaglia: come italiane, ma anche come donne in un mondo di uomini. Ma quelle staffette coraggiose, che pedalando veloci come il vento portavano documenti, informazioni e armi, hanno fatto la storia e resteranno un esempio indimenticabile di coraggio e abnegazione.


stante, finita la Guerra, abbiano dedicato la loro esistenza all'impegno politico e alla difesa della memoria.
Adelia Casari è stata una di quelle donne: nata a Medolla il 1 giugno del 1919 (e scomparsa nel 2013), la Casari è stata - dal 1 luglio 1944 fino al giorno della Liberazione- una coraggiosa staffetta militare della 36a Brigata Bolero Garibaldi. Coraggio e determinazione li ha mantenuti anche quando, nel dopoguerra, ha consacrato la sua vita all'impegno politico e sociale: portando la Resistenza nelle scuole e collaborando all'ideazione e alla costruzione (con l'architetto Letizia Gelli) del Monumento alle Partigiane cadute nella provincia di Bologna, edificato a Villa Spada nel 1975 in onore del trentesimo anniversario della Liberazione.
La Casari, nome di battaglia Emma e Nigrèn, nasce a Medolla in una famiglia antifascista di coloni mezzadri, la sua casa verrà trasformata in base partigiana e per Emma, all'epoca venticinquenne, unirsi alla Resistenza partigiana e difendere con la vita quei valori civili fondamentali, sembrò inevitabile.
"Nascondevo le munizioni tra le patate, nel cestino della mia bicicletta", racconta la Casari in una delle rare interviste in circolazione, "Quanta neve ci fu quell'inverno del '44, bisognava fare attenzione o si rischiava di cadere ed essere fucilate". Nessuna versione eroica della Resistenza ma il "semplice" resoconto di una scelta compiuta quando era soltanto una ragazza e che oggi si rinnova nella memoria e nel ricordo storico.
Particolarmente attiva nell'Anpi di Bologna e appassionata di arte e fotografia, Adelia Casari è stata una delle poche partigiane a mettere nero su bianco le sue memorie: per il suo ottantesimo compleanno scrive infatti il libro "Nigrèn, storia di una donna".
L'autobiografia, insieme a un gran numero di quaderni, poesie, mappe, fotografie e giornali, fa parte del "Fondo Adelia Casari", donato dalla stessa Adelia all'Istituto Parri di Bologna e ancora oggi consultato da scuole di qualsiasi ordine e grado.
Durante la lotta al nazifascismo, alle donne erano riservate soprattutto funzioni d'appoggio. Per le donne fu una doppia battaglia: come italiane, ma anche come donne in un mondo di uomini. Ma quelle staffette coraggiose, che pedalando veloci come il vento portavano documenti, informazioni e armi, hanno fatto la storia e resteranno un esempio indimenticabile di coraggio e abnegazione.


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